Un Brand che si rispetti non può non preoccuparsi dei suoi competitor: cosa fanno, cosa dicono, come interagiscono con gli utenti.
Ma dal preoccuparsene al vivere in un perenne equilibrio instabile in preda al panico per ogni pubblicazione, ne passa.
In realtà, la vera preoccupazione di ogni Brand (compreso il tuo) dovrebbe essere un’altra: il rumore. Il rumore che disturba la comunicazione. Il rumore che distrae gli utenti dal tuo messaggio.
Ieri ho letto Il “rumore”: quando comunicare stressa di Roberta Zanella: ho riso per due ore di seguito immaginando la scena abilmente illustrata dalle sue parole.
Voglio schematizzare la situazione in termini di pura comunicazione:
- emittente: io
- messaggio: vorrei un caffè, grazie
- canale: l’aria
- destinatario: barista super-affannato
- codice: lingua italiana, dialetto veneto, mano in aria, cenno con la testa, urlo finale
- contesto: tripla fila, a due passi dalla porta, seconda posizione a destra
- feedback: non pervenuto in termini di reazione, risposta, retro-azione.
Su tutto aleggia un rumore assordante che impedisce la ricezione del messaggio da parte del destinatario e, diciamolo, infastidisce l’emittente: bocche aperte, mascelle serrate, sbuffi alitanti, voci squillanti.
Il ponte è interrotto; il flusso disturbato; il feedback azzerato.Quest’è la definizione di “rumore” in comunicazione: qualsiasi cosa intervenga a disturbare il canale, interrompendo la ricezione del messaggio e, quindi, la risposta del ricevente.
Ecco, il concetto di “rumore” esiste anche sui social ed è una presenza costante. Ed è proprio il rumore che distrae la mente degli utenti e ne assorbe tempo, attenzione ed energia.
Se non ci credi, prova a vivere l’esperienza in prima persona: quante cose hanno attirato la tua attenzione negli ultimi due minuti? Quante immagini, titoli, parole, domande hai scansionato velocemente? E di contro, quante hanno attirato la tua attenzione al punto da spingerti all’interazione?
Anche tu sei stato distratto, proprio come gli utenti (i tuoi clienti, potenziali e reali).
E succede anche al tuo Brand. Succede di essere sommerso dal rumore circostante: se non riesci a tirartene fuori, difficilmente sarai notato, ascoltato e seguito. Ma come? Come puoi riuscire a vincere questa quotidiana battaglia. Il tempo a tua disposizione è poco, così come le opportunità di attirare l’attenzione e comunicare arrivando a destinazione.
Domanda: cosa sarebbe successo a Roberta se avesse fatto il suo ingresso al bar con un vistoso quanto stravagante cappello? O un cappotto patchwork dai colori graffianti e vivaci? O con una musica emozionante ed imperiale in sottofondo?
Avrebbe attirato l’attenzione del barista e dei personaggi affamati in cerca di colazione. Avrebbe potuto anche sussurrare il suo messaggio: lo avrebbero sentito tutti, perché non ci sarebbe stato più “rumore” (e si sarebbe anche guadagnata, in un solo istante, un posto di rilievo nella memoria dei presenti!).
Hai già trovato per il tuo Brand l’accessorio giusto per farsi notare e lasciare tutti senza parole? Vogliamo provare a trovarlo insieme?
13 Comments
Bellissima e stimolante analisi. Domanda: qual’è il modo migliore per farsi sentire dunque? Urlare più forte del rumore o trovare un modo per zittirlo?
@danielapatroncini:disqus io opterei per un “accessorio” per zittire e lasciare tutti senza parole. A urlare più forte non si fa mai una bella impressione e dopo due minuti è tutto come prima.
Hai presente lo stile Audrey Hepburn che appare sulla soglia e il pubblico di affamati che si divide in due come le acque del Mar Rosso? Ecco: ho in mente quello!
Classe. Carisma. Personalità. Sex-appeal. Impossibile non accorgersi di te! 😉
Assolutamente d’accordo con te! 😉
Mi piace un sacco l’input che hai dato sull’apparire in modo da riuscire a farsi notare (e sappi che mo’ scatta il cappello sgargiante con musica trionfale).
C’è da dire che hai proprio ragione.
La scena del bar non ha “target”: lo scopo è unicamente farsi capire e ottenere l’agognato risultato.
Nel caso di un brand, aggiungerei, che quell’accessorio va studiato “ad hoc”: più si focalizza per “settori” meno ci si trova in queste situazioni d’incomprensioni.
Grazie davvero Cinzia, per lo stimolo e le… citazioni!
D’accordissimo con te, mia musa ispiratrice! E comunque sappi che ti ho vista davvero entrare nel bar con uno stravagante cappello e la musica imponente e importante 😉
Mentre “instagrammavo” il cappuccino dopo averlo sottratto con questo espediente? Love you, Cinzia di Martino :-*
Aggiungerei che, nel mio caso, la metafora sul cappello è parecchio azzeccata.
Dici ch’è per questo che ho scelto il mio avatar? 😀
@robertazanella:disqus claro que si! ^_^
Cinzia grandissima!!! Hai colto nel segno ancora una volta 🙂
Avevo già letto l’articolo di Roberta ieri e questo è il degno prosieguo.
Il brand deve farsi notare per quella caratteristica che lo rende inconfondibile e subito riconoscibile!
Io ho un bel punto di domanda al contrario che fa spesso girare il bigliettino da visita nelle mani di chi lo riceve perchè all’inizio non riesce a capire da che parte guardarlo e poi mi fa una bella domanda: come mai?
BOOOM ecco che ho raggiunto l’obiettivo: creare curiosità!
Che ne pensi?
@francescaborghi:disqus e direi che hai colto nel segno!
Ecco un “accessorio” che può decisamente fare la differenza. più nella vita reale che sui social, ma di certo è un ottimo inizio 😉
Ma ci ho già pensato al suo utilizzo sui social: ho trasformato la mia icona in una mascotte fashion e simpatica di nome Martina a cui è stato anche assegnato un hashtag #yoursMARTY 🙂
Interagisce con gli utenti anche lei
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