Si fa un gran parlare dei social network, ma per chi?! Si parla di analisi di condivisioni e retweet, news dell’ultim’ora su Authorship e Advertising, ottimizzazioni di profili e pagine, plugin da installare sul blog, orari migliori in cui pubblicare su ogni piattaforma, contenuti di maggiore interesse per il pubblico.
Se ne parla sempre e solo nell’ottica dei Social Media Addicted, quelli che usano i social per lavoro (in senso lato), o di chi ha una piccola attività e vuole provare a fare il #SelfMadeSocialCoso.
Alla rimanente parte della popolazione (che secondo me supera abbondantemente il settanta per cento!) che usa i social in modalità piazza di paese non penso gliene possa fregare qualcosa delle varie elucubrazioni mentali (trad. paranoie) che attanagliano le nostre vite 2.5
[Visto che siamo a metà tra il 2.0 e l’Internet delle cose di Rudy Bandiera mi permetto il mezzo punto di scarto]
Gira che ti rigira, gli articoli sugli argomenti suddetti si ripetono ciclicamente, ma… facendo un giro su Facebook & co. non si direbbe che qualcuno abbia dato peso e importanza più di tanto alle ore trascorse (dagli esperti) a leggere, studiare e approfondire per migliorare le pratiche.
Dall’altra parte, i grandi Brand hanno il fior fiore di agenzie di comunicazione al loro servizio e possono anche non interessarsi a questo tipo di contenuti.
Insomma ad oggi gli sforzi di educazione delle masse non sembrano aver sortito alcun effetto. D’altra parte, sarebbe assurdo pensare di poter cambiare la mentalità di milioni di persone… soprattutto se queste pensano che i #SocialMediaCosi sono quelli che stanno a perdere tempo sugli smartphone tutto il giorno, pubblicano aggiornamenti di stato tra il serio e il faceto (e a volte si capiscono solo loro!), sono sempre pronti a bacchettare tutti su qualsiasi contenuto e… non si è ancora capito se lavorano, dove ed eventualmente con quale mansione.
La verità è una sola:
Inutile dannarsi l’anima.
Le copertine personalizzate sono (e rimarranno) un sogno ancora per molto tempo. Fermo restando che se la chiami “copertina” è quasi certo che i più penseranno a Linus, ad una tua prossima gravidanza, ti diranno di non aver mai fatto un cd, varie ed eventuali. Se vuoi essere certo che ti capiscano parla di “immagine grande su [social di turno]“.
L’immagine del profilo invece… pure! Se e quando va bene trovi un primo piano o un mezzo busto per puro caso, altrimenti si spazia da foto secsi sul divano di casa alla foto di gruppo dell’ultima cerimonia di famiglia, dal panorama immortalato dalla finestra del bagno ai personaggi (più e meno reali) che piacciono di più. Ah, se dicendo foto del profilo noti un corrucciamento delle sopracciglia è perché tu non lo sai ma la pagina social cui ti riferisci in realtà è un sito web (ho già cercato di sfatare il mito per le piccole e medie imprese!) -_-
E poi ci sono le foto e i tag, croce (tua) e delizia del vero utente social. Non azzardarti mai a chiedere il perché tu sia stato taggato in una foto, rischi di essere additato come malato di manie di persecuzione. Perché tu non sai che i tag godono di vita propria e si inseriscono autonomamente nelle foto (e l’utente social sarà pronto a giurare che è innocente). Magari se parli di “lista di nomi” comparsa come per magia poco prima di pubblicare la foto allora forse si può cominciare a parlare di qualcosa di tangibile.
E smettila di parlare di Personal Branding che ti capisci solo tu (e pochi intimi): parla di reputazione online o digitale. Ma anche in questo caso non illuderti che cambi qualcosa: la piazza è piazza e come tale va vissuta, ad ogni costo, fino in fondo e a qualsiasi prezzo.
E ricordati che esistono solo le email e non i messaggi privati, che se devi mandare o dire qualcosa a qualcuno il modo migliore è pubblicare direttamente sulla sua pagina (trad. bacheca) e per il resto… fatti una camomilla che è meglio!
Come in ogni ambito bisogna fare i conti con gli utilizzatori finali e a volte invece di insistere e pretendere che conoscano e applichino le regole, forse sarebbe meglio ridimensionare le pretese,dare il giusto valore alle cose e adattarsi alle situazioni. D’altra parte “vox popoli, vox Dei”.
Io mi sono fermata ma la lista dei termini tecnici e’ molto più lunga di così. Tu confermi la tendenza dei dati anche tra le tue conoscenze? Ci sono altre voci importanti che ti va di proporre per migliorare la conoscenza del vero utente social? Ti aspetto nei commenti e intanto Have Fun & Share It 😉
10 Comments
In questo interessante articolo sui #SocialMediaCosi ho letto tra le righe e….
udite udite…
ho scoperto nientepopòdimeno che…
*la società italiana*
#sapevatelo
Ciao Cinzia, resta il fatto che l’Italia e le milioni di PMI esistenti, come hai giustamente detto, sono ancora all’età della pietra. Molte di loro sono gestite da SelfMadeSocialCoso (è il mio esempio), hanno ancora profili privati e non riescono a trasformarli in aziendali (parlo di Facebook perchè per certe realtà Twitter, GooglePlus, Pinterest, ecc non esistono) e continuano a postare cose inutili (classica donna in abiti succinti e via discorrendo) perchè portano tanti Mi Piace. A me hanno affidato un compito 3 anni fa, per portarlo a compimento mi sono beccata 3 corsi intensivi di marketing, 2 di social media marketing e 1 di Tecnico della Comunicazione On-Line. La mia azienda ha investito su di me, è piccola e quindi gestibile poi io mi sono appassionata all’argomento per cui riesco a gestire la parte social abbastanza bene ma sono certa che se le cose dovessero cambiare, se la mia azienda dovesse ingrandirsi, è assolutamente necessario il lavoro di un professionista, aiutato da me dall’interno ma che saprebbe studiare una strategia sicuramente più competitiva e con risultati migliori. Per fare questo deve entrare anche denaro, denaro che adesso a tante aziende manca, io nel mio piccolo cerco di resistere e sogno il giorno in cui avremo bisogno di un professionista. Grazie come sempre, io da voi imparo veramente tanto.
Ciao Monica, devo dire che mi sono ritrovata moltissimo in questo tuo commento! Anch’io come te sono stata messa ad occuparmi (anche) dei Social Network dell’azienda. Come te mi sono trovata a fare i conti con una pagina personale, che ho trasformato in fanpage. A me non hanno fatto fare corsi, sto imparando da sola, e per fortuna che c’è Cinzia, e con lei tanti altri, altrimenti sarei perduta! Volevo solo farti sapere che non sei l’unica, che siamo tanti ad essere improvvisati senza alternativa… per cui non arrendiamoci e continuiamo a studiare. La passione fa miracoli. 🙂
Ciao Alice, la passione e la volontà sono ottime compagne di viaggio. Però vorrei ribadire una cosa, io non sono una professionista del settore e non intendo sostituirmi a chi fa questo mestiere anche se purtroppo l’ho dovuto fare per 3 anni. Quando nel 2011 ho dato questa idea all’azienda non c’era possibilità di investire in comunicazione, si trattava di scegliere se pagare gli stipendi ai dipendenti o pagare il professionista di turno, fortunatamente i dipendenti hanno ancora tutti il loro stipendio, le cose sono cambiate, l’esperimento è andato abbastanza bene e in futuro forse di comunicazione si occuperà qualcuno molto più bravo di me. Io dico sempre che quelli come Cinzia meriterebbero un premio economico, perchè insegnano, generosamente, senza chiedere nulla in cambio, mettendolo a disposizione della comunità di internet e dando consigli che, nella maggior parte dei casi, sono fondamentali e molto più utili di tanti manuali scritti. Era quello il motivo del mio grazie a Cinzia, purtroppo, per ora, è l’unica cosa che le posso dare.
@Monica e @Alice io ringrazio voi perché il sapere di essere utile e il vostro apprezzamento ripaga le ore di studio ^_^
“Usi il social da ignorante”. E chi definisce che esista un modo “non ignorante” di usare il social? Ovvero, meglio, cosa sarebbe “l’ignoranza social”?
Ha sbagliato foto del profilo? Fa casino tra pagina di Facebook, microblog e website? Ma davvero è così determinante? E’ su questo che si basa la reputazione digitale?
Ci sono bloggettini di una semplicità diabolica realizzati in modo casalingo da persone che poi il web, quello vero, anche quello 3.0, l’hanno rivoluzionato (un esempio? guarda qui http://www.massimobanzi.com/)
Va beh… ma di cosa mi stupisco… di cosa campa il socialcoso… quando ci campa ovviamente? Della presunta ignoranza altrui, quindi, la deve costruire questa “sensazione di ignoranza”, altrimenti poi la gente le cose se le fa da se, magari trova pure una cosa figa ed i socialcosi sono spiazzati.
C’è tanta approssimazione, un po’ troppa.
Forse un po’ di supponenza. ma magari ho malinterpretato.
Aiutami….
Ciao @demetriomigliorati:disqus ma allora, in base al tuo discorso, un neurochirurgo, un ebanista, un dentista, un avvocato, un commercialista vivono grazie all’ignoranza costruita?
Scusami ma non posso crederci.
Ora, a parte che parlando di ignoranti mi riferivo proprio ai #socialcosi (e non a chi popola i social), mi sento di dire che:
– “anche l’occhio vuole la sua parte” e quindi si, anche la foto del profilo influisce sulla reputazione digitale;
– persona e azienda sono due entità distinte, quindi si, anche far confusione tra profilo e pagina facebook (o altro social) influisce sulla reputazione digitale;
– la credibilità e l’autorevolezza di un professionista le valuti da diversi punti di vista, quindi si, anche la struttura del sito e il modo di gestirlo nella forma e nella sostanza influisce sulla reputazione digitale.
Il #socialcoso campa non dell’ignoranza altrui, ma della sua professionalità; degli studi di grafica, psicologia, web design, marketing, varie ed eventuali; dell’esperienza sul campo.
Poi ci sono anche i cugggini, gli amici, i parenti e gli approssimativi) ma non sono tutti così 🙂
Ti ho aiutato?! 😀
Ciao Cinzia,
Mi stai aiutando, perché comincio a capire meglio il tuo punto di vista, ma dissento su un paio di cose.
Primo, il motivo di fondo per cui esiste una professione è perchè qualcun’altro non la sa fare, perchè non conosce o non ha il talento. Quindi si, in massima sintesi si campa sempre sull’ignoranza altrui…
Secondo, ti ho citato Massimo per un motivo. Quest’uomo ha “inventato” Arduino. La sua reputazione digitale (enorme) è frutto di ciò che fa, non di come appare. Sono i contenuti che me lo fanno seguire, non il fatto che abbia un blog figo (che non ha) o una spettacolare foto nel profilo di twitter.
L’estetica vale, lasciami dire, “a parità di contenuti erogati”. Il sito di Ryanair fa cagare, mentre British è fighissimo, ma Ryanair ha vinto sui contenuti.
Per questo temo la “superficialità”. Ci sono blog straordinari per grafica, ux, connettori social. E dentro il deserto e la pochezza.
Continui ad aiutarmi?
@demetriomigliorati:disqus ovviamente non è possibile darti torto: la sostanza soddisfa molto più della forma.
Ma la vita sui social è molto “emozionale” quindi anche la forma ha il suo perché 😉
Detto ciò potremmo discutere per anni (forse anche secoli) perché le porte che si aprono sul dibattito sono davvero numerosissime, ma penso che non ne usciremmo più 😀
Diciamo che in linea di massima, dopo i chiarimenti ambo i lati, concordiamo sui passaggi chiave 😉
@cinziadm:disqus va benissimo, fermiamoci qui, mi pare che ci siamo capiti. Se dovessi stendere un decalogo delle domande da farsi prima di entrare nel magico mondo digital/social, al primo posto metterei sempre e comunque “Hai davvero qualcosa di vero, nuovo, originale da proporre?” perché alla fine il 90% della tua reputazione digitale dipenderà dalle cose che saprai dire e da quello che saprai fare…
Grazie per l’aiuto!