Oggi giornata impegnativa: 8 ore in spiaggia per cercare di stancare i frugoli, seguendo il live tweet di #SMMdayIT.
Una frase mi ha colpito dalle prime battute: “il futuro è condividere, non possedere” [precisazione: mi sono fermata a questa frase per scrivere l’articolo – non ho seguito il discorso volutamente]
Parole che mi hanno fatto riflettere; mi sono chiesta: attuabili fino a che punto? Chi di noi potrebbe condividere una casa, un’auto, un gioiello elettronico di ultima generazione? La situazione si fa pesante e pressante: i miei neuroni cominciano a perdersi nel vuoto cosmico.
E intanto i miei due pargoli, mi chiamano a rotazione continua: chiedono di com’era il tuffo, di com’era il lancio del frisbee, dicono di meritarsi un gelato, insomma hanno bisogno di conferme. Bisogno. Ecco la chiave di lettura. E io, tu di cosa abbiamo bisogno? Di piccole gratificazioni continue e continuative nel tempo.
E visti i tempi magri, può la condivisione di beni e oggetti soddisfare il nostro bisogno? Fermandomi agli esempi fatti poco sopra no: anzi ti dirò che mi sentirei più frustrata sapendo di poter utilizzare l’auto solo in alcuni giorni e/o in alcune fasce orarie. Il concetto di multiproprietà lo associo meglio a “beni di lusso”, come potrebbe essere una casa villeggiatura, che non a quelli di “prima necessità”.
E allora torno a interrogarmi sulle piccole gratificazioni quotidiane.
Può trattarsi di una birra con gli amici, di un nuovo taglio di capelli, dell’acquisto (a rate) di un aggeggio tecnologico, di una sessione di shopping compulsivo con le amiche. Sia quel che sia, tutte le forme di gratificazione sono (più o meno) costose e rischiano di farci perdere l’equilibrio, obbligandoci a fare delle scelte, a volte anche dolorose.
Il massimo sarebbe il poter soddisfare il nostro bisogno e non dover rinunciare a nulla. E se il bisogno di sentirsi gratificati fosse una condizione comune a persone e Brand? E se addirittura la gratificazione delle persone fosse alla base della gratificazione di un Brand? E se le due gratificazioni fossero strettamente correlate?
Dopo il B2B, il B2C, il C2B e l’H2H, si potrebbe arrivare allo HumanToCommunity, ovvero un marketing umano tra Brand e gruppi (comunità) di persone accomunate dallo stesso oggetto del desiderio nel medesimo momento storico.
In termini pratici: supponiamo di far parte di un gruppo di gitanti e di avere tutti il bisogno di un gelato per gratificarci della lunga scarpinata fatta sotto il sole cocente, in un paesino di mare greco, pieno di scale e strade scoscese.
Cosa succede oggi se entriamo in una gelateria? Forse (ma solo in un caso su un milione) ci viene concessa la grazia divina di uno sconticino finale, che difficilmente supera il 10%.
Cosa succederebbe nell’era dell’H2C? Il nostro gruppo verrebbe considerato un gruppo d’acquisto e lo sconto effettuato sarebbe notevolmente superiore con la soddisfazione del bisogno di gratificazione dei clienti, l’aumento delle entrate per il Brand (per il conseguente passa parola gratuito – in caso di superiorità qualitativa del prodotto e di eccellenza del servizio di customer care – e fidelizzazione), la riduzione delle spese per i clienti. Un notevole vantaggio economico per tutti.
E di esempi potrei farne tanti altri, ma la sostanza del discorso non cambierebbe. Nessun Brand oggi invoglia i clienti all’utilizzo dei gruppi d’acquisto: si parla di sconto, di promozione, si gioca la carta degli abbonamenti, si sfruttano le coppie, si chiede la presentazione di un amico, ma dei gruppi d’acquisto nemmeno l’ombra.
Ancora una volta la collaborazione avrebbe la meglio e la democrazia del #LessIsSexy vincerebbe senza ombra di dubbio: a ciascuno la sua personalizzazione del concetto di base.
E tu come potresti (da Brand) o vorresti (da cliente) mettere in pratica il marketing H2C? Ti va di condividere il tuo pensiero sull’argomento così da farmi capire se e cosa mi sono persa per strada? E siccome più siamo e meglio è… Have Fun & Share It 😉