Mentre vago tra gli scaffali alla ricerca dell’ennesimo regalo di compleanno, la mia attenzione viene attirata da un’anziana signora, ferma davanti ai giocattoli robottosi inscatolati.
Non è a suo agio. Si sente confusa ed è palese.
Una commessa le si avvicina, la saluta e si presenta: è la nipote di Giovanna, una vicina di casa. Gli occhi della signora si illuminano di felicità: almeno per un momento ha dimenticato i robot e, forse, anche il motivo per cui si trova nel negozio.
Ovviamente, lei non si ricorda della signorina, ma della bambina con i ricci neri e gli occhi grandi che, vent’anni dopo, ha ritrovato donna, coi capelli lisci, ramata e con gli occhiali. Ma ciò che conta è che quelle chiacchiere ci volevano proprio, in quel momento.
Poi la signorina le dice: “Allora, vediamo di trovare il regalo giusto.”
La nonnina, con le mani spiegazzate dal tempo e dall’artrosi, punta l’indice verso uno di quegli oggetti infernali che, nel frattempo, non hanno smesso di suonare, lampeggiare e fare rumori vari. E chiede: “A che servono?”
Adesso è la signorina ad essere confusa. Sgrana gli occhi e poi sorridendo con innocenza risponde “A giocare! Sono i preferiti dai bambini tra i 5 e i 7 anni. Si muovono anche da soli…”
La nonna, per tutta risposta, sorridendo con saggezza, dice: “No, questi non servono a giocare. Servono solo a far venire un enorme mal di testa in pochi minuti. Giocare è un’altra cosa.”
Ha ragione.
“Devo fare un regalo a mio nipote: compie otto anni. Voglio qualcosa che liberi la sua fantasia e la sua creatività, non un oggetto che faccia rincretinire tutta la famiglia e che dopo due minuti è già diventato noioso e inutile. Deve giocarci lui, ma lo compro io: deve piacere anche a me.”
***
La nonna l’ha detta proprio giusta.
I prodotti/servizi sono pensati per risolvere problemi o dare benefici e sono studiati su determinati tipi di personas, che incarnano gli ideali fruitori finali. Ma non è detto che il fruitore finale coincida con l’acquirente. E cosa succede in questi casi?
Tutto si complica.
Perché i parametri di giudizio sono diversi, perché le esperienze pregresse sono differenti, perché in fondo puoi solo cercare di azzeccare un regalo, ma piacerà sempre più a te che a chi lo riceverà.
La nonna sa che deve comprare un regalo per il suo nipotino, ma vuole che piaccia anche a lei e che risponda a determinati canoni che la casa produttrice non ha nemmeno preso in considerazione focalizzandosi sul suo acquirente finale (nda. che evidentemente somiglia più ad un androide che ad una persona). La nonna spera di tornare a casa “da eroe”, con la soddisfazione dell’acquisto fatto e la certezza che il suo regalo le farà trascorrere ore felici con suo nipote.
E indovina chi si deve prendere cura della nonna? No, la risposta corretta non è il produttore, ma il venditore. Offline, ma anche (anzi soprattutto) online.
Prendersi cura (anche) online dei potenziali acquirenti significa aprirsi nuove strade per raggiungere nuovi potenziali clienti: la nonna avrà – forse – più di un nipote, ma avrà anche amiche e conoscenti con nipoti e magari potrebbe decidere di organizzare un torneo nonne/nipoti di ForzaQuattro o Yu Gi Oh.
E oltre la nonna c’è di più. C’è la fidanzata che vuole regalare un rasoio elettrico (senza avere la più pallida idea di quali siano le caratteristiche da tenere in considerazione), c’è il marito che vuole regalare un abbonamento in palestra (che pensa che GAG e SWAT siano nomi di serie tv), ci sono gli amici che si vogliono regalare weekend in strutture SPA (senza conoscere le differenze tra una sauna e un bagno turco). Qualunque sia l’oggetto del desiderio, il venditore dovrà essere in grado di attirare a sé sia i potenziali acquirenti e che i (potenziali) clienti.
Come? Ti racconto com’è andata a finire la storia della nonna coi giocattoli robottosi e la commessa confusa.
***
La signorina ha cercato di controbattere alle accuse della nonnina, ma di fatto tutte le sue proposte venivano puntualmente scartate perché difettose: vuoi perché chiamavano in causa altri giocattoli rumorosi, vuoi perché troppo interattivi o perché poco innovativi (e troppo simili ad altri già in possesso del nipote).
A quel punto, dopo aver seguito il dialogo a distanza, una sua collega (o responsabile o proprietaria, non saprei – di certo persona decisamente più empatica!) si è avvicinata e inserita nel discorso con un diretto “Ha proprio ragione signora mia! Ho due figli e un garage pieno di giocattoli: due minuti ed erano già nel dimenticatoio. Sa invece come giocavano per ore? Con le mollette del bucato. “
Gli occhi sognanti della nonna in quel momento parlavano chiaro: adorava quella donna.
“E sa cos’hanno scoperto adesso che sono più grandi? Coperte e tappeti… come quelli: si costruiscono il loro nascondiglio e ci giocano, inventando storie sempre nuove.”
In meno di dieci minuti, la nonnina era alla cassa con coperta, tappeto e libro per bambini sotto braccio: contenta come una pasqua.
La morale della storia è sempre la stessa: empatia, ascolto e soluzioni. Le persone non cercano la luna nel pozzo: vogliono consigli e rassicurazioni che la scelta che state proponendo sia quella che fa per loro. Offline e online, sono strumenti complementari che, se usati correttamente, sono un’invincibile coppia di attaccanti per il tuo Brand.
E adesso lascio a te la parola. Ti aspetto nei commenti e se l’articolo ti è piaciuto, Have Fun & Share It 😉 Grazie!
4 Comments
Va beh, ma che bella sarà mai questa storia. Se riuscita a mettere dentro tutto. L’idea dell’educazione che hanno le nonne (questa almeno che è comunque ispirata…), gli errori dei produttori, della commessa che non riesce ad entrare in sintonia, ed il lieto fine .
Farti i complimenti è dirti poco , ti adotto ancora, perché è doveroso.
Ti dico anche la mia esperienza, sul campo: vendere moto per una donna è difficile ancora oggi, ma anni fa era peggio. Spesso mi trovavo a cercare il marito per dirottare uomini che mi accorgevo non mi consideravano per il semplice fatto di essere donna, oppure ricevevo i “complimenti per la competenza, sa le donne…” ecco. Riuscire ad entrare in empatia con certe persone non è sempre facile, è un esercizio ed un faticoso lavoro di studio. A volte basta un nulla e ti sei perso la fiducia con un solo gesto o con una parola di troppo.
Ho a che fare con il pubblico da 25 anni oramai, la mia (dicono buona)capacità di vendita è derivata soprattutto dall’ascoltare, o meglio dal riuscire a far parlare delle esigenze.
La mia domanda, all’inizio è sempre:”posso sapere per che utilizzo dovrà fare il suo acquisto?”, a prescindere se il cliente entra già con le idee chiare o con la richiesta di una panoramica dei prodotti. Questo mi permette di farlo parlare sentirsi a suo agio perché costretto a parlare di se stesso, delle sue necessità ed esigenze. in questo modo ho la possibilità di dargli delle risposte, anche se magari le conosceva già, ma non ha importanza. Per me è questo l’importante e normalmente è il metodo giusto.
Grazie Cinzia.
Buona giornata
E direi che è un ottimo approccio il tuo Silvia. Poi, ovviamente, ci può essere sempre l’eccezione, il tipo che non si fida, quello che non si sente a suo agio a parlare di moto con una donna, quello che si sentirà “superiore”, ma tutto si risolve con l’empatia.
E se tu, Donna, riesci a vendere moto agli uomini, beh… direi che di empatia ne hai da vendere ^_^ e puoi solo avere successo nell’ambito della vendita!
Grazie di cuore Silvia per la lettura, il commento, l’adozione e il tuo tempo 🙂
Buona giornata a te <3
Davvero una bella riflessione, appagante nella narrazione e condivisibile nelle conclusioni, riesci sempre a proporre approfondimenti narrati in maniera umana e che contengono utili ragionamenti nell’ambito del marketing. A presto!
Grazie @ilariogobbi:disqus ^_^