Anni ’50: il tasso di analfabetismo in Sicilia era alle stelle. Due su Tre sapevano a stento riprodurre la loro firma, copiandola da un pezzo di carta scritto da uno dei bambini del vicinato e gelosamente conservato (nascosto nel reggiseno dalle donne e in un taschino del cappello dagli uomini).
Di leggere, poi, non ne parliamo. Eppure, nonostante l’ignoranza si tagliasse a fette, la gente veniva a conoscenza delle cose, per giunta senza travisarne i contenuti: la comunicazione era per qualche motivo efficace. Ma davvero é possibile che sia così? Ebbene si, lo é grazie alla figura pubblica del banditore.
Per le strade assolate e polverose della città si aggirava un signore di mezza età, né magro né grasso, dita lunghe e affusolate da pianista, camicia bianca, pantalone grigio, scarpe consunte, cieco (narra la leggenda che si facesse leggere le comunicazioni direttamente dal segretario comunale) e con un tamburino. Si chiamava Luigino, “Luigino col tamburino” lo avevano ribattezzato i bambini che, come nella storia del pifferaio magico, lo avrebbero seguito anche in capo al mondo.
Il signor Luigino, partendo dal cuore pulsante della città (la piazza principale), la percorreva a blocchi da cento metri, fermandosi, facendo roteare le bacchette sul tamburino, suonando il suo personale ta-tta-ra-tta-ta, recitando a memoria le comunicazioni comunali (o l’annuncio dell’apertura di un nuovo negozio o di un evento particolare in città), raccogliendo le offerte dei cittadini e andando avanti.
Al suo arrivo, annunciato dal tamburino e dal vocio dei vicini, le persone lasciavano le loro attività e si riunivano in strada, curiosi. Le sue “annunciazioni” erano volutamente dialettali e variopinte: chi mai avrebbe compreso il burocratese degli uomini di legge? Luigino lo sapeva bene e riadattava il bando al gergo del popolo, enunciandolo anche con una certa musicalità che facesse rimanere impresso il messaggio nelle menti degli ascoltatori.
E le domande piú frequenti del pubblico, diventavano parte dell’annuncio alle fermate successive.
Luigino, di sua spontanea volontà, offriva un servizio impagabile alla cittadinanza: li informava, mettendoli in condizione di sapere e di essere parte integrante negli affari della città. E la cittadinanza gli dimostrava gratitudine offrendo qualche lira (poche volte) e tanti prodotti di prima necessità (frutta, uova, verdura e simili).
Luigino ad ogni fermata imparava qualcosa di nuovo sui cittadini, sui loro bisogni, sulla loro cultura e si adattava in modo camaleontico ai quartieri e alle variazioni del dialetto, centrando l’obiettivo e massimizzando i suoi introiti.
Luigino era un Brand che aveva targettizzato il suo pubblico e sapeva vendersi grazie al suo essere naturalmente empatico.
E se invece di scarpinare per tutto il paese avesse avuto a disposizione i social media, sarebbe cambiato qualcosa? Non penso, avrebbe avuto il medesimo successo.
Perché Luigino sapeva come parlare ad ogni elemento del suo pubblico, e lo sapeva fare perché lo conosceva, perché lo incontrava ogni giorno, perché lo ascoltava e lo aiutava ogni santo giorno.
Per gli stessi motivi alcuni Brand hanno successo sui social e altri invece no: perché parlano con tono adeguato ma si fermano anche ad ascoltare ció che il pubblico ha da dire, perché si impegnano a conoscere e aiutare il loro pubblico e si riadattano alle situazioni e si reinventano in tempi brevi, perché sono presenti ogni giorno e riescono a creare conversazioni e relazioni virtuali ma dal sapore reale.
>Perché il successo dei Brand sui social non si misura solo in base a numeri e statistiche, ma anche con la viva, vibrante ed empatica partecipazione alla vita quotidiana dei fan/seguaci/follower.
E il tuo Brand usa le tecniche di Luigino sui social? Dimmelo nei commenti e.. Have Fun & Share It 😉